CONCORDATI AFRICANI, l’inizio di un viaggio

1 0
Reading Time: 6 minutes
Read Time:8 Minute, 53 Second

Pubblicata la Raccolta dei Concordati in vigore tra la Santa Sede e gli Stati dell’Africa a cura del Professore Antonello Blasi.

Il volume sugli accordi tra la Santa Sede e i Paesi africani si propone come utile strumento operativo per la completezza delle fonti raccolte integrate da tabelle, bibliografia tematica di riferimento, e un’ampia presentazione degli istituti che mostrano le tematiche di reciproco interesse e rilevanza nei vari settori del dialogo tra la comunità politica e la Chiesa cattolica.

Con questo “codice” l’Autore rispondere alle esigenze di coloro che operano per e con i Paesi Africani a livello sia diplomatico che giuridico secondo una condivisione universale dei valori fondamentali che fanno degli uomini un’unica civiltà con obiettivi congiunti: l’amore per la pace e lo sviluppo mediante il dialogo e il rispetto della libertà religiosa, la prima di tutte le libertà fondamentali della persona umana. 

L’opera è arricchita dalla prefazione del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e dall’introduzione postuma del Prof. Giuseppe Dalla Torre, si rivolge non solo a studiosi e professionisti ma anche a operatori del settore impegnati sia sotto la dimensione religiosa (vescovi, religiosi, movimenti), che civile (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, imprese sociali ed enti del terzo settore in generale).

La raccolta di Concordati firmata dall’Autore, docente presso la Pontificia Università Lateranense di diritto Ecclesiastico Canonico e Concordatario, è un viaggio destinato a progredire in volumi successivi con l’esame degli altri continenti in progetto secondo una visione geopolitica dello strumento pattizio che possa essere di aiuto, in questi momenti complessi, per ritrovare l’equilibrio mondiale mediante l’intervento bimillenario della Chiesa, autentica “agenzia di umanità”, nonché per favorire  la pace e il bene comune in un mondo, quello di oggi, che ne sente forte il bisogno. 

Abbiamo avuto il piacere di porre alcune domande all’autore il Professore Antonello Blasi per comprendere da dove nasce e dove si proietta l’opera:  

Perché la scelta di analizzare i concordati africani?

Perché la Santa Sede nel mettere a frutto il Vaticano II considera – secondo quanto indica la  costituzione conciliare Gaudium et Spes – gli accordi, le convenzioni e i concordati degli atti di natura internazionale importanti non più stipulabili con i soli paesi di tradizione cattolica ma con tutte le comunità politiche del mondo. Possiamo dire che i concordati sono diventati, nel vero senso etimologico, “cattolici”e universali, per tutti e con tutti.

L’Africa è un continente molto sensibile alla parola del Papa, che più volte si è recato anche in alcuni Paesi ad alto livello bellico, portando la Sua Persona nella veste di “pontefice di Pace” e supportato da valorosi Vescovi locali che vivono quotidianamente il rischio, annunciando e chiedendo dialogo e riappacificazione, spesso anche con fratelli protestanti e rappresentanti religiosi dell’Islam e delle religioni locali.

Questa sinergia aiuta moltissimo a sedare gli animi e a sciogliere gli “-ismi” che sempre, da ogni lato, emergono. La convinzione che mi sono fatto alla fine del mio lavoro è che i Concordati sono una delle mediazioni possibili tra gli eccessi di Cesare e quelli attribuiti a Dio.

I confini disegnati a tavolino dagli ex paesi coloniali che hanno profilato gli Stati a danno delle Nazioni dividono e danneggiano l’Africa di oggi?

Non penso. Un tempo sicuramente la non considerazione dei popoli ha portato ad inglobare o escludere le diverse nazionalità creando tensioni anche rilevanti nelle zone di confine ma se guardiamo ad oggi, ai media e al commercio internazionale, direi che le lingue ereditate dai paesi ex colonialisti (francese, inglese e portoghese in prevalenza) aiutano questi Paesi a non essere “accantonati” nella considerazione del business internazionale. Se a questo aggiungo che la molteplicità delle nazioni e dei popoli possono essere uno strumento di ricchezza di tradizioni, usi e quant’altro per il settore turistico, per l’artigianato e per il commercio, allora direi che ciò che prima era visto come un male, oggi è sicuramente un valore aggiunto per proporsi ed essere di esempio per tutti i Paesi del mondo.

Quali emergenze ha davanti la Chiesa africana?

Vede, gli accordi che firma la Santa Sede sono solo un incipit, l’inizio di un dialogo che deve proseguire con le intese subconcordatarie e qui entrano in gioco tutte le competenze e i talenti delle conferenze episcopali e dei singoli vescovi nell’attuare e rendere effettivi gli obiettivi tracciati nei tanti concordati e quindi nel settore dell’istruzione e della sanità in primo luogo ma anche sotto il profilo della comunicazione religiosa e dell’istruzione catechetica e nell’annuncio pastorale.  Mi viene in mente l’idea-analogica che quando un ragazzo chiede il sacramento della Confermazione compie un momento topico della sua vita da cristiano ma è un inizio di impegno non la conclusione dell’iniziazione cristiana: il concordato è l’inizio di un impegno dei vescovi per i loro fedeli che sono anche cittadini del Paese firmatario.

Quale priorità ritiene utile e necessaria per i Paesi africani?

La priorità – che non penso ma son convinto – che sia la prima di tutte è l’Educazione. E questo non solo per i Paesi africani ma per tutti i popoli di questa Terra. L’educazione come esempio di vita, come, almeno, tentativo di coerenza ai valori di rispetto della persona umana e della vita, e della sua espressione di pensiero tutelando la libertà religiosa e di religione.

L’istruzione da sola non basta: è l’educazione che crea imitazione e ammirazione. Dare l’esempio vale più di molte lezioni teoriche che perdono di contenuto se non sono in primis il genitore, il maestro, gli amici, a vivere da testimoni, modelli. Penso all’esempio del piccolo Giovanni di Assisi, (soprannominato poi Francesco per essere figlio della forse unica donna francese abitante di Assisi), che nell’XI canto del Paradiso, Dante lo rende personificazione di un concetto di educazione inteso come esempio da seguire: “scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro, dietro a lo sposo sì la sposa piace”.

Una Chiesa che vive con e nei popoli africani e ancor meglio una Chiesa africana fatta di africani, che non si ferma all’istruzione di ogni tipo e natura neppure che si siede soddisfatta sull’assistenza caritatevole sanitaria o di qualsivoglia altro sussidio e ausilio, allora dà testimonianza viva di sé senza essere scambiata per una eccellente NGO. Perché se è vero che è carità, questa deve fondarsi sulla Fede vissuta e proclamata, non nascosta nelle cassette dei medicinali o in una laica istruzione a cui devono pensare i governi. In fine sia la Fede che la Carità devono essere annaffiate costantemente dalla Speranza che ha due figli carissimi come l’Africano Agostino insegna: lo sdegno e il coraggio. Il primo per le cose non buone che accadono ogni giorno (corruzione e quant’altro), il coraggio per poterle affrontare, combattere, rimuovere e vincere. Questa speranza così attiva, vivace e dinamica dà forza a una Chiesa fatta di uomini e donne del Popolo di Dio.

Le sfide della Chiesa africana nel prossimo futuro.

Come ho scritto nella prima parte dei Concordati Africani, richiamando il Magistero, la Chiesa deve essere costantemente una vera a autentica “Agenzia di Umanità”. Questa accezione che mi sta molto a cuore esprime come cascate cristalline l’impegno per tutti, indistintamente, superando confini, nazionalità, lingue e religioni. Tutti vuol dire tutti. La “norma missionis” infatti proclama l’amore per il prossimo non solo per il cattolico o il musulmano o l’animista. Tutti è tutti e in questo dialogo tra tutti l’umanità cresce mentre nel conflitto si ferma o torna indietro con danni per cui spesso occorrono decenni a recuperare il tempo perduto.

L’educazione quindi resta la sfida del futuro: se la Chiesa formerà i giovani nei valori dell’onestà, andranno a scemare (scomparire è utopia) le forme di corruzione che danneggiano tanta parte dell’Africa, si difendono i valori del rispetto reciproco che aiuteranno gli africani ad essere giustamente titolari delle proprie terre, risorse e talenti per il bene loro e poi degli altri popoli senza essere, “rectius”, senza farsi sfruttare.

Vedo tanti africani che usano internet per il business, ho letto di mercati finanziari africani che vivono sugli smartphone, stilisti e stiliste di moda africana e di campionati di calcio: tutto molto bene ed è ottimo ma la Chiesa dove sta in questi settori? Chi educa al sano uso di internet, al mercato non speculativo nelle borse e al buon esempio nello sport e nella moda nel rispetto degli altri? Quanto business ancora delle armi quando langue magari quello delle condotte di acqua o delle strade?

Il desiderio di raggiungere velocemente la modernizzazione dopo ottenuta l’indipendenza nell’ultimo mezzo secolo, vede nei riti locali un ostacolo al progresso. Il pericolo di autonomie etniche e non sotto il controllo dei governi centrali e il disaccordo nei contenuti dei molteplici riti   delle religioni monoteiste, cristianesimi e islamismi, hanno portato ad un sensibile restringimento delle tradizioni religiose, ma anche di quelle locali e tribali se non per utilizzarle come forma di resistenza al potere delle grandi città. A questo si deve aggiungere il fenomeno della emigrazione, non sempre dettata dai soli mutamenti climatici, l’estinzione di risorse naturali e di quelle morali, l’inurbamento nelle megalopoli, le continue guerre locali che fanno binomio con le conseguenti carestie, l’indebolimento delle figure tribali che officiavano i riti e le culture, l’impoverimento del clan nel patrimonio agricolo e di allevamento che supportava queste tradizioni.

La Chiesa non resti quindi imbrigliata nelle scuole e negli ospedali quasi a far comodo di essere il surrogato degli Stati che così si dedicano ad altro! La Chiesa africana del futuro dovrà impegnarsi nei settori moderni e futuri integrandosi in tutto  e ovunque perché deve stare nel mondo senza essere del mondo.

Prevede nuovi concordati?

Certamente, estendere quelli esistenti, magari con un miglior sistema di sostentamento del clero e anche aggiornare accordi ormai obsoleti, penso alle lettere con il Re del Marocco o al Modus Vivendi con il governo Tunisino, visti gli enormi progressi di dialogo di Papa Francesco e della Chiesa e delle comunità Islamiche negli ultimi 40 anni.

Altri Stati Africani stanno pensando ad accordi con Roma e sono fiducioso che maggiore è il numero delle conventiones meglio le Chiese locali avranno una piattaforma sulla quale elaborare intese per il bene dei fedeli e dei cittadini, perché la Chiesa non rincorre privilegi ma aiuta tutti i popoli a crescere nel rispetto, dialogo e amore per il bene di tutti. Se questo è compreso dai governi il passo a cum-cor-dare diventa cammino di bene comune per un’umanità che vive insieme su questo, almeno fino ad oggi, unico pianeta possibile.

Di Francesco Roberto Innocenzi 

About Post Author

Francesco R. Innocenzi

Mi chiamo Francesco Roberto Innocenzi, sono nato a Roma e studio Giurisprudenza. Dall’età di 14 anni mi impegno nel sociale e, fedele ai principi dell’etica, mi appassiona promuovere la Cultura in ogni sua forma!
Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %