Fattore Beta | Il Berretto a Sonagli

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Il classico non tramonta mai, per questo si definisce “classico”. Il classico si può rivisitare, riproporlo con occhi diversi ma non dovrebbe essere mai stravolto anche se in certe occasioni succede.

Molti registi contemporanei sembrano avere l’urgenza di rinnovare capovolgendo letteralmente gli schemi e lo fanno insieme a costumisti e scenografi, parlando di teatro e se a volte gli stravolgimenti trovano un senso compiuto altre volte danneggiano l’opera.

Non è certo questo il caso de Il BERRETTO A SONAGLI, capolavoro di Luigi Pirandello, in scena al Teatro Quirino di Roma fino al prossimo 20 novembre.

Questa edizione è la prova provata che un classico vada visto e rivisto perché ogni volta presenta nuove chiavi interpretative e rappresentative che a sorpresa ci possono incantare. Ci incanta Gabriele Lavia con la sua messa in scena così moderna e così tradizionale allo stesso tempo.

Un’opera come Il Berretto a Sonagli è già di per se sempre attuale perché come allora per Pirandello la vita è “una soglia troppo affollata del nulla”; lo stesso “nulla” fatto di apparenze che anche oggi, nel terzo millennio, continua ad agitarsi nel dolore e nella pazzia. Contemporanea la scena popolata di manichini abbigliati con vestiti d’epoca, spettatori di una tragedia della mente che porta in faccia la maschera della farsa.

Tra i protagonisti spicca una bravissima Federica Di Martino sempre più capace, nel tempo, di calcare la scena, vestendo i panni di Donna Beatrice, tradita e ferita pronta a denunciare l’adulterio del marito con la moglie di Ciampa; questi, interpretato da Gabriele Lavia, rappresenta il cornuto, il “pupo”, che piuttosto che sfigurare davanti a tutta la società è disposto a salvare l’onore versando il sangue della moglie che lo tradisce con il padrone a cui egli è asservito.

Quanti Ciampa avete incontrato a teatro? Io certamente più di uno anche se questo incarna il Ciampa del mio immaginario: sempliciotto, banale e per usare un termine contemporaneo: sfigato! Ecco Lavia rappresenta perfettamente , sia come attore che come regista, lo sfigato che pur di non indossare quel berretto a sonagli, sinonimo di buffone e di vergogna alla mercé di tutti, è capace di ogni nefandezza: dall’omicidio della moglie che tiene religiosamente chiusa a chiave in casa, al dichiarare pazza la moglie del suo padrone.

Il testo è recitato in palermitano, tranne che da Beatrice e la sua famiglia altolocata. In siciliano si esprimono Ciampa; la tata di famiglia Fana; la Saracena, classica donna con la quale è bene non farsi vedere in giro; il delegato Spanó, tipico vice commissario al soldo anche egli del marito fedifrago di Beatrice, il Cavalier Fiorica di cui si parla ma che mai viene rappresentato in carne ed ossa.

I mobili sghembi del salotto di casa Fiorica vogliono rappresentare, insieme ad altri pochi elementi della scena di uno straordinario Alessandro Camera, i relitti di una famiglia cosiddetta per bene che fa i conti con l’assillante angoscia di “dover essere” di fronte agli altri.

Assistere a questo Berretto A Sonagli significa godere due ore di immersione totale in un’altra epoca, in un altro secolo, incalzati da un ritmo serrato che accompagna il pubblico fino alla fine e dove l’applauso esce come per incanto dalle mani degli spettatori finalmente paghi e soddisfatti proprio come Sergio Castellitto presente al debutto.

di Roberta Beta

About Post Author

Roberta Beta

Roberta Beta è diventata personaggio pubblico nel 2000 grazie alla sua partecipazione alla prima edizione del padre di tutti i reality show IL GRANDE FRATELLO. È giornalista, speaker radiofonica e opinionista televisiva. Cos'è Fattore Beta? https://bit.ly/3LngFd4
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