Fino all’approvazione in Parlamento della Legge n. 180 nel 1978, il medico Franco Basaglia ha dedicato la sua vita ad una radicale rivoluzione del sistema psichiatrico italiano, sistema basato su strutture manicomiali che vedevano applicate terapie aggressive, dagli effetti devastanti sui numerosi “malati”.
Con l’entrata in vigore della legge n. 180/1978, i Italia la malattia ed il malato divennero il centro del problema psichiatrico e si cominciò a restituire ai “malati” i diritti di cui erano stati privati dal sistema che voleva curarli. Con lo scorrere del tempo e l’adattamento della legge 180/78 alla società, vennero organizzati i primi Centri di Salute Mentale, il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, il Day Hospital, il Centro Diurno, e ancora, gli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) che successivamente divennero Residenze per le Misure di Sicurezza.
Nonostante le numerose strutture specifiche, ancora oggi, il disagio mentale trova difficoltà ad essere affrontato in maniera adeguata, numerosi soggetti deboli si ritrovano ad essere curati da un sistema sanitario non in grado di gestire la grande quantità di persone che ogni anno in Italia si ammalano in maniera grave a livello psichiatrico (tralasciando le migliaia di persone che soffrono di ansia, depressione o disturbi della personalità). Come registrato nel 2021 dal Ministero della Salute, il rapporto tra malati, personale medico e assistenti sociali è insufficiente e troppo spesso ancora oggi si ricorre alla terapia farmacologica o, ancora peggio, alla contenzione meccanica per ovviare a mancanza di fondi e di energie istituzionali direzionate alla cura della malattia mentale.
In Italia contiamo 3.970 strutture (tra servizi territoriali, strutture residenziali e strutture semiresidenziali), 329 Servizi di Diagnosi e Cura e 18 strutture ospedaliere in convenzione, per un’offerta totale di posti letto in degenza ordinaria di 9,6 ogni 100.000 abitanti maggiorenni.
Sono 778.737 le persone con problemi di salute mentale assistite nel 2021 dai servizi specialistici sul territorio. I dati emergono dall’ultimo Rapporto sulla Salute Mentale, relativo al 2021, del Ministero della Salute. Nel Rapporto si sottolinea come 289.871 persone siano entrate in contatto per la prima volta durante l’anno con i Dipartimenti di Salute Mentale. Gli utenti sono di sesso femminile nel 53,6% dei casi , mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (67,3% ) . In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni e 55-64 anni (47,1% in entrambi i sessi); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe over 75 anni (5,6 % nei maschi e 9,00 % nelle femmine) . Quanto alle patologie , i tassi relativi ai disturbi schizofrenici, di personalità, di abuso di sostanze e di ritardo mentale sono maggiori nel sesso maschile rispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare, per la depressione il tasso degli utenti di sesso femminile è quasi doppio rispetto a quello maschile (25,6 per 10mila abitanti nei maschi contro il 43,5 nelle femmine).
Numeri che mettono in risalto la difficoltà di realizzare quel “trinomio terapeutico” ritenuto fondamentale per guarire dalla malattia mentale ovvero offrire al paziente supporto psichiatrico a livello farmacologico, psichico a livello emotivo e sociale per favorirne il reinserimento.
È proprio il piano sociale ad essere stato oggetto della “rivoluzione Basaglia” la quale promuoveva una cura del malato che operasse a livello terapeutico sul contesto sociale nel quale la persona vive, che si tratti della famiglia, del posto di lavoro o della scuola.
Se è vero che “prevenire è meglio che curare” è fondamentale insegnare alla società ad approcciare il disagio psichico, l’utopia di Basaglia che ancora oggi assiste ad una malattia mentale vista con diffidenza e paura poiché non adeguatamente conosciuta.
Sicuramente è ancora tanta la strada da fare ma sentir parlare di “psicologo scolastico” nonché simili figure di sostegno alle giovani generazioni ci fa comprendere di trovarci sulla strada giusta, un passo avanti a tante realtà drammatiche ma ancora dietro alla consapevolezza che “nessuno, visto da vicino è normale”. Franco Basaglia fu mosso alla rivolta più da medico o più da una sensibilità sociale? Il Professor Leo Nahon, già Primario del Servizio di Psichiatria all’Ospedale Niguarda di Milano, ci risponde così: «La molla prima per lui fu la condizione umana e civile di quella popolazione negata. E grazie a lui, oggi, l’Italia si trova in un condizione quasi unica, quasi la sola con i manicomi cancellati».
Di Francesco Roberto Innocenzi