“Premiate i normali e sarete regolari, aiutiamo i regolari e saremo normali”

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Un’intervista al Professore Antonello Blasi, docente di diritto ecclesiastico presso la Pontificia Università Lateranense per riscoprire il rapporto del Diritto nella sua essenza di regola – norma e nel suo obiettivo: perseguire la Giustizia.

Il Docente pone al centro della Sua riflessione quello che potremmo definire “l’elogio della normalità” intesa e coniugata in contesti talmente diversi e lontani, spesso da astrarne il significato più generale e inequivocabilmente positivo. Con una nuova tecnica espositiva rispetto spesso paludati resoconti giuridici, il Prof. Antonello Blasi, attraverso il “disegno” di un Diritto, diremmo anche “lirico-visivo”, ha arricchito il dibattito sulla ricerca della “normalità” arrivando a identificare aspetti critici e la radice del suo significato.

 

  • Diritto e normalità; cosa è il diritto?

“Il Diritto è regola, vuole regolare, e se regola ordina e se ordina ciò che è ordinato aiuta  naturalmente a far prima, non per obbligo quindi ma per conseguenza. L’adesione libera e volontaria del singolo nella collettività di un ordinamento giuridico è alla base del rispetto della regola perché diventi regolare osservarla, producendo gli effetti sperati, desiderati, conquistati con gli inevitabili imprevisti per la difettibilità umana e l’imponderatezza della casualità naturale”. 

  • Qual è il rapporto con la normalità?

“Il Diritto provoca e produce la normalità: la regola ci fa essere normali, chi rispetta la regola diventa regolare e il suo comportamento diventa normale. Il normale insegue, persegue e poi esegue la norma, perché aderisce spontaneamente alla sua regola: rispetta gli altri normalmente, li affianca per vivere insieme, li supera per tirarli nelle difficoltà, ma solo per necessità o per una urgenza, le quali sono normali perché incluse nelle regole lecite, senza chiamarle deroghe che implicherebbe una “illiceità condonata”. Invece no: la regola invita a essere normali”! 

  • Esistono “normali”?

”Ci sono moltissimi normali tra noi, che non cercano la visibilità a tutti i costi, non reclamano onori, classifiche, media. Sono il corpo che non si vede, o molto poco, che aiuta il mondo ad essere regolare, normale”. 

  • Ha citato la visibilità come contrasto alla normalità, però sappiamo come a volte gioca un ruolo importante.

“Certo, ma sono i “superiori” che devono renderli visibili per essere, così, esemplari: chi è d’esempio aiuta gli altri. Chi è esemplare nell’essere normale dà coraggio a chi guarda “collo in su” gli irraggiungibili, le élite, gli dei che egoisticamente si beano delle briciole che cadono dai loro banchetti, i cd. protagonisti. Il protagonismo è una malattia, -ismo appunto, non aiuta ma droga la normalità cercando di umiliarla e di farla dimenticare invitando tutti a guardare la torre nera del mostratevi, chattate, cliccate, danneggiate, fatevi vedere come unicum”.

  • Dunque visibilità che non sia protagonismo.

“Il protagonismo è nelle ostentazioni dei ricchi-fuori e non dentro, nelle finte azioni pauperistiche dei poveri furbi e opportunisti, poveri fuori e non dentro. Un ricco normale non fa da testimonial per lanciare il messaggio che “solo tu puoi essere come me gli altri no” e quindi “se non diventi come me non entri nel giro dell’élite”. Così come un povero normale non cerca di farsi intervistare, anzi neppure lo troverete nelle mense dove girano le telecamere e magari non riesce neppure a entrare al pranzo dei poveri perché spintonato dai poveri finti che lo sorpassano o da quelli perfino selezionati. Mangia tranquillo di quello che gli è stato donato pulendo i bicchieri dopo aver chiesto il permesso e collaborando con chi lo aiuta a sparecchiare, a pulire e a non sporcare ciò che è di e per tutti. Un ricco normale evita i dipendenti aspiranti protagonisti-visibili e finti modesti cercando quel normale che fa da sempre il suo lavoro regolarmente e a cui nessun pensa, apprezza, premia. Un povero normale è quello normalmente invisibile, che non ti opprime con richieste, che non va a ubriacarsi con le elemosine ricevute o getta nel cestino dietro l’angolo ciò che gli hai comprato da mangiare invece di dargli i soldi che chiedeva insistentemente. Non fa notizia”. 

  • Il Diritto, la società, come si pongono al riguardo?

“Il Diritto, rimarco, produce le regole per essere regolari e orienta una società a essere regolare, anche ognuno di noi se siamo normali dovremmo essere apprezzati perché rispettiamo la norma. Premiare chi si ferma al rosso più che sanzionare solo chi non lo rispetta. Come? Con il governante-servitore che lava i piedi ai cittadini e vive in modo trasparente onesto, al servizio di ognuno (non uso “collettività” perché è meno trasparente di ognuno). Per questo motivo quindi gli esseri umani per sopravvivere non si basano solo sulla forza e l’intelligenza ma hanno anche la coscienza che unisce intelletto (comprendo/so, so di sapere Pascal) con la volontà (voglio/non voglio Kant) indipendente dalla necessità circostante, che solo propone, ma lascia libero ognuno di scegliere e anche l’uno propone la propria scelta fatta lasciando all’altro la scelta. Dio e la scelta  dei frutti dell’albero da non cogliere, il serpente e la scelta se coglierli, Eva e la scelta tra le due proposte, Adamo e la scelta della proposta di Eva…”.

  • E la giustizia, in un simile contesto cosa è e da cosa può essere tutelata?

“L’iconografia tradizionale occidentale della Giustizia è una donna bendata (quindi non vedente temporaneo) con una bilancia e una spada. La sua cecità è artificiale (la benda) e l’uso dello strumento di misura legato all’equilibrio (aequus «uguale» e libra «peso, bilancia») suggeriscono  e rinviano un “pesare imparziale” disinteressato, un’imparzialità e pertanto non discriminante. Per avere un’applicazione equa della giustizia è necessario equilibrare le forze difendendo l’equilibro con la spada che esegue e sanziona chi mette in pericolo l’equilibrio della imparzialità”. 

  • Ma perché supportare la normalità?  

”La mia esortazione è: apprezziamo di più, anzi, ricerchiamo i normali perché sono regolari e premiamoli con quello che gli servirebbe e non chiedono, perché in loro il premio si trasformi in un bene normale che li aiuti e, come onda del sasso nel lago, aiuteranno tutti coloro che gli sono vicini tanto quanto il battito d’ali di farfalla provoca un uragano dall’altra parte del mondo. Se aiutiamo i normali, quindi, i normali aiutano il mondo ad essere regolare e sono coloro che aiutano chi è in difficoltà, evitando che solo i deroganti siano esaltati, che solo chi si pente e perdonato e venga posto sul monumento dell’esempio, che chi ha mille talenti sia messo a stimolo di impossibile emulazione da chi ha avuto per sua natura un talento solo. Un mio mantra è “Premiate i normali e sarete regolari, aiutiamo i regolari e saremo normali”. Questo è lo sforzo di essere veri eroi e veri santi, ma che siano anche riconosciuti, apprezzati e premiati da coloro che, in quel momento e a qualsiasi titolo sono i “superiori” che ti vedono ma non ti guardano, che ti sentono ma non ti ascoltano, perché non sei uno che si “propone”, perché per loro sei un “normale” . Questo vale anche al più alto grado di responsabilità della res-publica, della Politica, per il bene comune di tanti e globalmente di tutti. Ai governanti e capi religiosi: la norma normale è la libertà religiosa: il diritto di scegliere-non scegliere-cambiare scelta. Sempre. Ovunque. Se si concede questa Libertà alla credenza e coscienza del singolo poi le altre leggi seguiranno rispettose della libertà di ognuno all’interno di un naturale con-vivere che supera il solo “reciproco”, non imposto, ma dato dall’adesione quotidiana e spontanea”.

 

 

  • Ad alcuni il diritto di cambiare suona come un relativismo tra credi, religioni, valori. Ma è relativismo? 

“No, è invito/sollecitazione alla coerenza della Proposta alla Proposta. Il singolo se è soddisfatto non cambia, se c’è coerenza della proposta in re ipsa. Se cambia per insoddisfazione vuole conoscere altro, magari compara, ritorna, resta. Agostino e Giovanni, Francesco sono esempi del ricercare: l’uno nelle sue Confessioni, l’altro da commerciante e militare, per diventare cavaliere e poi processato per interdirlo per prodigalità fino a riproporre il sistema di “vita con l’altro” tornando al cum-facto o sam-scrito. Se invece uno cambia per una sua immaturità la proposta resta integra, semmai lo cerca ma non lo obbliga. Si ripropone ma non impone sanzioni né lo ex-comunica (scomunica) per sempre. Il figlio che ci pensa, riflette, si pente e ritorna, aiuta in tal senso”. 

  • Al diritto di cambiare corrisponde quindi il dovere alla coerenza delle proposte.  

“Si, è una frase che ripeto spesso: nel cambiare non c’è relativismo (non mi sembra che S.Agostino e S.Francesco li possiamo definire così) è la coerenza della Pro-posta a sé stessa che fa restare chi aderisce e non cambia. Questa è la libertà religiosa, base della nostra Libertà, la prima di tutte le libertà, che ha in sé tutte le specificazioni (libertà di..) e, in periodo di quaresima, con-vertire, cum vertere, cioè cambiare decisamente con forza e non “tornare indietro” (come sento spesso) ma solo cambiare con decisione e volontà, è il verbo giusto”. 

  • Professore, un messaggio per i nostri lettori.

“Torno a sottolineare e anche in grassetto quel sottile loop interstellare che come mantra vi resti impresso nella mente: “Premiate i normali e sarete regolari, aiutiamo i regolari e saremo normali”. Incidetelo come mandala indelebile sul dorso della vostra mano sinistra e ogni volta che lo guarderete vi rinvierà alla musica di fondo che ricorda l’espansione della nascita dell’universo, magari non avvenuta per esplosione, ma come “brezza leggera” che Elia sentì capendo che quello era “Dio che passa”. E’ la forza dello Spirito che entra nei due limiti che forgiano la storia di tutti noi, quello del tempo (della Storia di tutti e della Storia di ognuno con tutti) e quello dello spazio-natura-fisicità (composto da terra-materia, acqua e aria) confini entro i quali ogni cosa, e quindi anche il diritto, muove i suoi passi cercando giustizia, sua unica tensione data dal vero, dal giusto, dalla carità qui nihil est aliud quam Deus. Un diritto che non abbisogna di cercare gli eccessi come la velocità, il rank, la competizione e l’eccellenza, e neppure la lentezza, il disimpegno, la rinuncia e la mediocrità.  Questo è il messaggio che penso possa lasciare a chi è giunto leggere fin qui. E se qualcosa di tanto scritto sopra avesse mosso una riflessione, un’idea, una considerazione, dei suggerimenti, e quant’altro potete scrivermi a: antbls28@gmail.com. Grazie”.

Di Francesco Roberto Innocenzi 

 

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Francesco R. Innocenzi

Mi chiamo Francesco Roberto Innocenzi, sono nato a Roma e studio Giurisprudenza. Dall’età di 14 anni mi impegno nel sociale e, fedele ai principi dell’etica, mi appassiona promuovere la Cultura in ogni sua forma!
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